Spesso si sentono e si leggono storie di riscatto sociale che partono da lontano, di persone costrette a lasciare il proprio paese che trovano la propria fortuna altrove. Nemo propheta in patria; nessuno è profeta nella sua patria è una frase pronunciata da Gesù e riportata nel Vangelo secondo Mattia al versetto 13,7. C’è stato un uomo e un calciatore, scomparso il 16 settembre 2022 all’età di 87 anni, che profeta in patria non lo è stato per due nazioni: è stato prima odiato poi idolatrato, poi di nuovo odiato e poi parzialmente perdonato e accolto dall’Italia e dall’Etiopia. Il suo nome è Luciano Vassallo e questa è la sua storia.
Vassallo ripudiato in Eritrea
“Si, questo è il figlio del diavolo: quando mi guarda con quegli occhi strani mi mette pure paura. Solo un diavolo avrebbe potuto resistere a tutti quei veleni che ho ingerito per liberarmene. Roba da diavoli? Ha la pelle chiara ed è biondo di capigliatura. Il castigo di Dio? Perché questa prova e poi proprio a me? Non è bastato quanto ho sofferto! Chissà dove sarà il padre…” Questo è un estratto del libro autobiografico di Luciano Vassallo Mamma ecco i soldi, che descrive bene quali erano i
sentimenti della popolazione eritrea nei confronti dei figli nati da relazioni miste tra italiani e donne eritree durante l’occupazione italiana del paese, a cavallo della seconda guerra mondiale. Sentimenti che provavano anche le loro madri.
Luciano Vassallo nasce il 15 agosto 1935 ad Asmara capitale dell’Eritrea e al tempo sotto l’occupazione italiana, dal bersagliere Vittorio Vassallo e da Mebrak Abraham, giovane donna del posto. Il padre che fa parte del contingente di 165.000 italiani inviati da Benito Mussolini a colonizzare il Corno d’Africa, nel 1937 quando Luciano ha 2 anni, viene mandato in Etiopia e di lui non si saprà più nulla. Nei due anni intercorsi la Nazionale italiana aveva trionfato nelle Olimpiadi del 1936 guidata da Pozzo. La madre costretta a crescere un figlio da sola in povertà, deciderà di lasciargli il cognome italiano come unico ricordo del padre.
La promulgazione delle leggi razziali in Eritrea e nei territori occupati dall’Italia fascista nel 1940, che arriva dopo il secondo mondiale vinto dall’Italia nel 1938, pone fine al meticciato esaltato nella canzone divenuta poi tra gli inni del Fascismo, Faccetta Nera. Il meticciato consentì la legalizzazione dei matrimoni tra italiani e le popolazioni locali. Mette fine anche al madamato, il riconoscimento legittimo dei figli nati da queste unioni.

L’inizio della carriera da calciatore
Luciano Vassallo che è il simbolo di questa unione, viene così odiato e insultato dagli eritrei che lo considerano figlio degli invasori italiani pur essendo eritreo di nascita, dagli italiani che lo considerano un meticcio e dagli etiopi presenti nel paese, con quest’ultimi che a loro volta non tollerano gli italiani a causa dell’occupazione dell’Etiopia da parte delle truppe di Mussolini.
Viene cacciato da scuola per aver picchiato un compagno di classe reagendo agli insulti razzisti nei suoi confronti, poi prova a cercare lavoro presso gli italiani che vivono ad Asmara prima come panettiere e poi come falegname ma viene pagato poco e umiliato a causa del colore della pelle. Riesce a trovare un riscatto sociale nel calcio, sport importato nel paese durante l’occupazione fascista, grazie alle sue doti da calciatore e inizia a guadagnarsi quel rispetto che prima gli era stato negato.
E’ la Stella Asmarina, squadra formata da meticci italo-eritrei come lui, a dargli fiducia e permettergli l’esordio da calciatore nel 1950. Vi rimane due stagioni, poi nel 1952 passa alla Ferrovieri Asmara dove oltre a giocare, lavora come meccanico nelle ferrovie eritree. Nel 1953 è la volta del Gaggiret, una squadra di persone vissute in strada come lui e che pagano di tasca propria gli allenamenti e le quote per tenere in piedi la società, rimanendovi fino al 1958.
Da qui passa al Gruppo Sportivo Asmara, compagine formata da italiani per 600 dollari eritrei e un lavoro alla Imperial Highway Authority, dove trova la sua consacrazione diventando uno dei giocatori più forti del paese cambiando anche ruolo e passando da essere terzino a regista avanzato, posizione nella quale mette in mostra una grande tecnica e gonfia più volte le reti delle squadre awersarie. Nel 1960 passa al Cotton FC, squadra etiope lasciando così l’Eritrea senza tornarci mai più.
Vassallo: stella del Cotton FC e della nazionale etiope
Luciano Vassallo gioca in Etiopia già da due anni, quando il capo di stato Hailé Selassié tornato in carica dopo la liberazione dall’occupazione italiana, proclama l’annessione dell’Eritrea nel 1962 e i campionati dei due paesi vengono fusi in uno unico. Nel 1956 mentre ha compiuto 17 anni da poco e la Fiorentina si è affermata campione d’Italia, entra già nel giro della nazionale etiope nonostante giochi ancora in Eritrea e sia di fatto eritreo come nazionalità. Nel frattempo col Cotton FC vince quattro campionati etiopi: nel 1960, nel 1962, nel 1963 e nel 1965. Vi rimane fino al 1973, prima di andare al Saint George e chiudere la carriera da calciatore nel 1974.
Ha intrapreso anche la carriera di allenatore, svolgendo il corso per allenatori a Coverciano insieme a Cesare Maldini e Luis Vinicio. Ha svolto il doppio ruolo di allenatore giocatore in tre occasioni: dal 1968 al 1973 nel Cotton FC e nel 1969-1970 per la nazionale dell’Etiopia, poi nell’ultimo anno di carriera al Saint George nel 1974. Sulla panchina della nazionale etiope è tornato per altre due volte come guida tecnica nel 1974 e nel 1978, prima di dover abbandonare definitivamente il paese per essersi opposto all’allora capo del governo, il dittatore Menghistu Hailè Mariàm. Ha allenato anche l’Airforce e l’Electric.
Vassallo ancora oggi è il giocatore che vanta il maggior numero di apparizioni e di reti segnate, 99 gol in 104 presenze con l’Etiopia. Insieme al fratello Italo di professione attaccante, ha raggiunto il punto più alto in nazionale vincendo La Coppa d’Africa del 1962 e risultando il miglior giocatore della competizione con 3 gol, a pari merito con l’egiziano Abdel Fattah. Proprio i due fratelli sono finiti sul tabellino dei marcatori della finale contro l’Egitto, segnando un gol a testa nel 4-2 ai tempi supplementari che ha permesso a Luciano di sollevare il trofeo da capitano.
La sua avventura in quella Coppa d’Africa poteva venire rovinata dalla forte opposizione del padre padrone della Federcalcio etiope in quel periodo, Ydnekatchew Tessena che impone all’allenatore di togliere la fascia da capitano a Vassallo prima della semifinale poiché secondo la sua opinione, non può essere un meticcio a rappresentare il paese in nazionale. L’ordine imposto dall’alto però fa scattare una rivolta nello spogliatoio, guidata dall’amico e compagno in nazionale Mengistu Worku e la fascia resta sul braccio di Luciano.

L’arresto e la fuga in Italia: una nuova vita per Vassallo
I problemi per Luciano Vassallo e suo fratello Italo, però non sono ancora finiti. Tra il 1975 e il 1977 si verifica un colpo di stato portato avanti dal Derg, una giunta militare di estrema sinistra che dopo una lotta interna, elegge capo di stato il dittatore Menghistu Hailè Mariàm. Il nuovo capo del governo inizia un regime di terrore denominato Terrore Rosso nei confronti della popolazione, cercando di eleggere Vassallo come icona ma l’ex calciatore che nel frattempo è diventato allenatore, non si lascia convincere e addirittura denuncia dei casi di doping dovuti al Captagon nella nazionale etiope awallati dal tecnico Peter Schnittger.
Quest’ultimo episodio unito al fatto che il paese non gli aveva mai perdonato di essere un meticcio che aveva sollevato la Coppa d’Africa da capitano, gli scatena contro la furia di Menghistu e del Derg che lo fanno arrestare. Oltre a questo subisce una damnatio memoriae ufficiale da parte del regime e il suo nome viene cancellato da ogni documento, mentre le sue proprietà in Etiopia vengono poste sotto sequestro. Vassallo riesce ad evadere grazie alla complicità di una guardia, che è un suo ammiratore e fugge in Egitto da dove poi nel 1978, si stabilisce a vivere in Italia.
Vive vicino Roma, a Ostia dove apre una autofficina avendo la passione dei motori e nel frattempo fonda anche una scuola calcio: L’Olimpia Ostia. Ottenuta la cittadina italiana de jure sanguinis, una volta volta raggiunta l’età della pensione si trasferisce a Marcellina e decide di dare alle stampe la sua autobiografia intitolata Mamma ecco i soldi.

Gli ultimi anni di vita
Nel 2014 viene intervistato dal giornalista e scrittore Antonio Felice, autore del libro Stella d’Africa- La vita straordinaria di Luciano Vassallo, mito del calcio africano anni ’60, esule in Italia; che parla della sua storia e ripercorre le tappe della sua vita dagli esordi in completa povertà all’approdo in Italia, da esule. Luciano Vassallo muore il 16 settembre 2022, preceduto dal fratello Italo che si è spento un anno prima, il 30 luglio 2021 a Roma.
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