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Higuita, portiere sempre al limite: dall’amicizia con Pablo Escobar al colpo dello scorpione, la sua storia

Non basterebbe un libro per raccontare tutte le vicissitudini in campo e fuori di René Higuita, portiere e personaggio sia del Nacional Medellin che della Colombia. Proviamo a sintetizzare le vicende più eclatanti del portiere classe 1966 nato a Medellin. 

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La storia di Higuita

Higuita per un portiere, aveva all’epoca una taglia fisica ridotta con 1,74 di altezza per 74 chili. Il cespuglio di capelli neri, le sue doti acrobatiche, infatti possedeva l’agilità di un gatto tra i pali e nelle uscite basse, divennero uno dei simboli della Colombia di Maturana, approdata ai Mondiali italiani del 1990, che fu anche il suo anno d’oro. Vinse la Coppa Libertadores col Nacional Medellin da protagonista, parando quattro rigori e trasformandone uno nella finale. Poi, il dramma del carcere. Higuita è amico personale di Pablo Escobar, capo del cartello di Medellin. Un boss della droga, finanziatore occulto del club, ma anche finanziatore di progetti di edilizia popolare per il riscatto del popolo dei baraccati. Higuita paga con una esclusione dalla Nazionale la visita in carcere a Escobar nel 1991, poco prima di partire per la Coppa America: lo scandalo è enorme, la Federcalcio lo sospende. Quando Escobar, il 22 luglio 1992, fugge dal carcere di Envigado, si scatena una caccia all’uomo imponente. Lo vogliono non solo un nucleo speciale di investigatori, ma anche gli spietati uomini del cartello rivale, quello di Cali. Escobar nella sua fuga ha continuo bisogno di ingenti somme di denaro, per procurarsele ricorre anche ai sequestri di persona. Un giorno rapisce la figlia di Luis Carlos Molina, ex dirigente del Nacional, che ricordando i rapporti di Higuita con Escobar si rivolge al portiere scongiurandolo di fare qualcosa per la figlia. Il giocatore non resta insensibile e dopo la liberazione incassa una cifra equivalente a 75 milioni di lire a titolo di ringraziamento. La nuova legge antisequestro vigente in Colombia lo inchioda, prevedendo, oltre al sequestro dei beni dei rapiti, anche il carcere (da 3 a 13 anni) per chiunque faccia da mediatore tra la famiglia e i sequestratori senza avvertire la polizia. La stampa lo addita alla pubblica esecrazione, nel giugno del 1993, mentre va in scena la Coppa America, anziché nella porta della Colombia Higuita si ritrova nel carcere “La Picota” di Bogotà, in attesa di conoscere la propria sorte. Arrivati al processo la vicenda si smonterà e Higuita verrà prosciolto, anche se ormai la sua immagine é compromessa. Finirà in Spagna, ormai fuori dal giro della Nazionale, e annuncerà il suo ritiro nel Natale del 1996. Un ritiro precoce, poco dopo aver subito un misterioso attentato: una bomba incendiaria che ha polverizzato la porta e annerito la facciata della sua casa a Medellin. Finisce così la carriera di Higuita, e con lui le mattane che compromisero il cammino della Colombia ai Mondiali 1990, ma anche il suo indimenticabile “colpo dello scorpione”: il pallone respinto in acrobazia coi tacchetti delle scarpe, che ha fatto innamorare tutti i tifosi di Italia ’90.

Andrea Milano

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