L’ex amministratore delegato della Juventus, nonchè ex team principal della Ferrari,  Maurizio Arrivabene ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, in cui ha ripercorso anche la sua esperienza al club bianconero. Di seguito le sue parole sull’esperienza alla Juventus.
“Premetto che nel periodo in questione io ero nel cda in qualità di consigliere senza deleghe e in un momento che a causa del Covid ci si riuniva in videoconferenza. Allora la strategia della società mirava ad una forte espansione iniziata in precedenza con l’acquisto di Ronaldo e l’obiettivo era vincere la Champions ed entrare in modo solido e duraturo tra le grandi d’Europa: di conseguenza sono stati fatti altri acquisti, poi il Covid ha complicato le cose. Ho iniziato il mio lavoro da dirigente il primo luglio 2021 trovando una situazione piuttosto pesante a causa degli investimenti precedenti. Ovviamente la pandemia aveva aumentato i problemi, i costi di contratti molto onerosi avevano creato una situazione piuttosto difficile. Cosa dovevo fare, andare in tv e dire abbiamo sbagliato a spendere troppo? Vi immaginate la reazione di tifosi e media? In silenzio mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a lavorare, quell’anno grazie ad alcune vendite e all’acquisto di soli due giocatori, Locatelli e Kean, facemmo un mercato morigerato subendo anche critiche”
Ecco le parole di Arrivabene sulla richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Roma per lui stesso, Agnelli, Paratici e altri 7 indagati:
“Le cose vanno avanti continuo a credere nella giustizia. Vedremo cosà dirà la Corte Europea, con Agnelli ci sentiamo ancora”
Infine commenta su dove sia stato più difficile lavorare, se in Ferrari o alla Juventus, avendo così anche l’occasione per chiarire la sua esperienza al Cavallino. Ecco quanto ha dichiarato:
“Mi date l’occasione per chiarire la mia esperienza alla Ferrari. Nessuno mi ha cacciato, altrimenti dopo non sarei andato alla Juve. Avevo un contratto di quattro anni e non è stato rinnovato, non abbiamo trovato un accordo. Non ero solo team principal ma anche managing director, deleghe date da Marchionne, la Ferrari era stata da poco quotata e la Scuderia doveva essere il fiore all’occhiello”.
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