Carlo Pellegatti, noto giornalista e telecronista sportivo, ha parlato della crisi del Milan, squadra che ha seguito per anni, ripercorrendo le motivazioni alla base di questo particolare momento storico del club. Ecco quanto ha dichiarato a Scommesse.io:
Nel 1933 Rodolfo De Angelis cantava un brano diventato famoso, in quegli anni, dal titolo “Ma cos’è questa crisi?”. Qualcuno potrebbe, maliziosamente, pensare che fosse dedicato proprio allo scombiccherato Milan di quei tempi, che chiuse il campionato, proprio nella stagione 1932-1933, all’undicesimo posto. Più o meno anche oggi siamo lì. La domanda però va posta in maniera differente ai dirigenti, all’allenatore e ai giocatori rossoneri: “Ma perché questa crisi?”
Si dovrebbe partire da lontano, ma nemmeno troppo. È il 5 giugno 2023. È un lunedì. Il giorno prima Zlatan Ibrahimovic aveva dato l’addio al calcio. Tutti sapevano di un incontro tra il nuovo proprietario del Club, Gerry Cardinale, e Paolo Maldini, ma nessuno si immaginava che durasse solo dieci minuti e si concludesse, clamorosamente, con il licenziamento della bandiera rossonera e del suo primo collaboratore Frederick Massara. Qualche mese prima, aveva lasciato il Club anche l’AD Ivan Gazidis. Insomma, di fatto si era frantumato quell’asset manageriale, guidato dal fondo Elliott, che era riuscito nella splendida impresa di vincere uno bellissimo scudetto, di conquistare, dopo sedici anni, una prestigiosa semifinale di Champions League e di risistemare il bilancio del Milan. Un capolavoro!
Da quel giorno cominciano gli errori. Non viene sostituita una figura fondamentale come Paolo Maldini, bravo a guidare la parte tecnica della Società, mercato, rinnovi, scouting, ma anche un riferimento importante a Milanello per l’allenatore Pioli e i giocatori. Giorgio Furlani diventa il nuovo Amministratore Delegato, Geoffrey Moncada diventa il direttore dell’area tecnica, con lo stesso Pioli trasformato in un general manager. Subito si intuisce che manchi il collegamento tra sede e Milanello. Quindi, con entusiasmo, nel dicembre 2023, viene annunciato il ritorno di Zlatan Ibrahimovic. È il Milan della triade, che esce presto dalla Champions League, bravo comunque a conquistare il secondo posto dietro l’arrembante Inter. Il 2024 del Milan di Pioli finisce però molto male con l’eliminazione dall’Europa League, a opera della Roma, dominante a Milano e all’Olimpico. Senza dimenticare la sesta sconfitta nel derby, che regala la stella ai nerazzurri di Inzaghi.
Dunque se si cerca di comprendere a fondo la crisi, si deve partire da una gestione societaria lacunosa. Cardinale ha ereditato una macchina ben oliata, ma il suo operato ha evidenziato gravi carenze nella gestione sportiva. La mancata sostituzione di Maldini e Massara ha lasciato un vuoto strategico, colmato con figure senza l’esperienza e il carisma necessario. L’assenza di un vero direttore sportivo ha inoltre creato disorientamento nelle scelte di mercato, portando a investimenti ingenti ma poco funzionali. Il Milan si è ritrovato così con una rosa costruita senza una logica chiara, dove singoli di valore hanno faticato a esprimersi per mancanza di equilibrio tattico e di una guida forte.
Anche la professionalità dei giocatori, dagli ultimi arrivati ai pretoriani, è finita sotto accusa. In particolare, João Félix è stato criticato per il suo scarso impegno e atteggiamento poco incline al sacrificio. Theo Hernández, un tempo leader carismatico, è apparso demotivato e poco concentrato. Tuttavia, non ci sono prove evidenti di problemi di sovrappeso o un disimpegno generalizzato. Maignan, Leão e lo stesso Theo sono stelle che hanno mostrato un calo di rendimento, ma più che essere sopravvalutati, soffrono la mancanza di compagni all’altezza e di una struttura tattica adeguata a esaltarne le qualità. Il problema non è solo tecnico, ma anche mentale: senza una leadership forte in campo e fuori, il Milan è diventato una squadra fragile nei momenti decisivi della stagione.
La questione allenatori resta allora centrale. Pioli ha pagato il logoramento di un ciclo, Fonseca non ha lasciato il segno e Conceição ha trovato difficoltà nel dare un’identità precisa alla squadra. Nonostante il cambio di guida tecnica, il Milan non ha mai dato la sensazione di essere una squadra solida e competitiva su tutti i fronti. Serviva una scelta chiara, un progetto forte e una strategia di lungo termine. Invece, si è passati da un allenatore all’altro senza continuità, creando ulteriore instabilità. Per confermarsi ai vertici del campionato e per disputare una buona Champions League, vista la caratura della rosa, migliorata con il capitano della Spagna, campione d’Europa, Alvaro Morata e con l’inserimento di Fofana, tutti indicavano in Conte, allora libero su piazza, il tecnico più idoneo, quello che potesse garantire il ritorno alle vittorie in Italia e in Europa. Invece si è scelto di optare per tecnici stranieri, forse indirizzati da figure terze per proprio tornaconto. Prima Fonseca, poi, dopo il suo esonero, si è puntato su un allenatore sempre portoghese ma dalle caratteristiche totalmente differenti, Sergio Conceição.
Così, in estrema sintesi, il Milan attraversa periodi burrascosi sul piano ambientale, con giocatori che non rispettano le decisioni dell’allenatore, con i tifosi in aperta contestazione verso la proprietà e verso la dirigenza ed esigui risultati sportivi. Anche sul piano tecnico infatti è una stagione più di bassi che di alti. Con qualche gioia: vittorie nei derby, conquista della Supercoppa, successo a Madrid. Tutto però vanificato da un inizio 2025 disastroso, che vede i rossoneri uscire dalla coppa e perdere terreno in campionato. La gestione dei momenti più turbolenti conferma l’inesperienza del management, il nervosismo dell’allenatore e la mancanza di un leader nello spogliatoio. Nemmeno una generosa campagna di rafforzamento, a gennaio, è parsa dare i frutti sperati, perché i problemi sono più profondi.
La stagione non è certo finita, ma il Club sembra aver fatto tesoro delle recenti disavventure, cercando di portare chiarezza sulle leve di comando. È necessario un cambio radicale: un Direttore Sportivo esperto, un allenatore con forte carisma e una rosa costruita con una logica precisa. Senza questi tre elementi fondamentali, ogni tentativo di rinascita rischia di restare effimero. Serve una rivoluzione vera, una rifondazione strutturata che riporti il Milan a essere una squadra temuta e rispettata in Italia e in Europa. Un fatto pare certo. Così non si poteva e non si può continuare!!
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