– di Calogero Destro –
34 punti, 9 rimbalzi, 9 assist, 53% dal campo in 42 minuti di utilizzo medio in questi playoff. Sono i numeri di LeBron James, non bastevoli, però, per abbattere – dopo altri innumerevoli miracoli riusciti nella stagione appena conclusasi – la corazzata della Baia. La banda di Steve Kerr ha inflitto il secondo “sweep” della carriera al “Re”, che dopo aver portato, come aveva promesso, l’anello a Cleveland nel 2016, è tornato a tenere tutto l’Ohio sulle col fiato sospeso. E’ tempo di una nuova decision? La risposta è quasi certamente – anche se è corretto lasciare il beneficio del dubbio – affermativa. Il “Prescelto” l’ha ribadito più volte a mezzo stampa, tra gara 3 e gara 4 delle finals: la squadra a sua disposizione non è all’altezza di Curry e soci (per errori, seppur mai ammessi, anche propri), ergo: tutto lascia presagire una nuova partenza, dopo quella del 2010 che scatenò le ire dei supporter dei Cavs. In quel caso la meta del 23, diventato poi 6 all’alba della nuova vita cestistica, fu Miami. E adesso? Le possibili destinazioni- Due, al momento, sembrerebbero le opzioni più valide sul tavolo del “Re”. Una di queste è sicuramente Philadelphia: nella città dell’amore, infatti, James troverebbe una dose di talento decisamente adeguata alle proprie aspettative (Embiid, Saric, Fultz, Simmons), raccogliendo in dote un gruppo giovane ed affamato, cui potrebbe fare da esperto nocchiere verso un terreno da lui perfettamente conosciuto come quello delle finals. Il salary cup di Phila, inoltre, permetterebbe di garantire a LeBron le cifre richieste senza alcun tipo di problema, lasciando anzi un discreto margine di spazio per poter agire sul mercato. L’altra possibile meta del nuovo capitolo della saga regia è invece Houston: i texani già quest’anno hanno sfiorato l’impresa di eliminare gli Warriors, che con un LeBron in più in maglia Rockets, accanto a Paul e Harden, avrebbero di che iniziare a preoccuparsi all’interno della propria conference. A D’Antoni, in questo caso, toccherebbe però il difficile compito di far coesistere tre artisti della palla a spicchi particolarmente dediti a controllare ogni possesso. Altre destinazioni, o suggestioni, sarebbe meglio definirle, sono Los Angeles (sponda Lakers), che però non garantirebbe al “Re” l’approdo in una squadra già pronta per il titolo, Boston – la quale dovrebbe sacrificare diversi pezzi pregiati, tra cui Irving, e snaturare il proprio sistema – e, infine, San Antonio. Il rinnovo di Leonard, la presenza in squadra di Aldridge e di due tiratori come Mills e Green, ma soprattutto la possibilità di essere allenato dal numero 1 della panchina, Gregg Popovich, stuzzicano la fantasia del Prescelto, che dovrebbe però adattarsi ad un sistema già ben consolidato e “sottostare” ad una personalità molto più spiccata e vincente rispetto a, per esempio, un David Blatt, con cui non andò proprio benissimo.
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