Settimana di sosta, possibilità di tirare il fiato prima della “volatona” finale: 27 punti disponibili per fare quello che, in fondo, si è fatto per tutto l’anno: lottare ai vertici. Non è stato un caso, non sarà un caso. 14 convocati nelle Nazionali, come l’Inter capolista e prossima scudettata. Qualcuno addirittura programmaticamente declassato, come Riccardo Calafiori, molto più forte del Mancini che gli ha “sottratto” il posto in azzurro, ma l’Under 21 ha più bisogno. E il CT Nunziata fa anche le battute: “Riccardo, stai dietro, qui non siamo al Bologna !”.
Avevo fatto, prima dell’Inter, una mia personalissima tabella da tifoso. Che teneva conto del relativo interesse dei nerazzurri alla gara di Bologna, delle partite più facili dopo Empoli, di una crisetta a cavallo del match con la Roma (in impetuosa rimonta derossiana), e di un finale “la va o lo spacca”. Sulla mia nuvoletta arrivavo, col Monza, all’undicesimo successo consecutivo (record!), poi 1 punto in 3 partite (34 punti in 14 gare, 2,5 a match), con l’Udinese, e 4 nelle ultime 3. Il mio totale fa (ceva) 71, ora declassati a 68 (5 vinte, 2 pareggiate e 3 perse – Roma, Torino, Napoli, oltre l’Inter – da qui alla fine). A questa cifra, nelle ultime 3 stagioni, si sarebbe arrivati quinti (l’anno scorso e l’anno prima), e sesti nel 20-21, a pari merito con la Lazio. Champions (in caso di conferma di 5 italiane partecipanti) o Europa League, quindi. Ma ho espresso una stima prudenziale, che tiene conto della pressione. In realtà, anche se non si dovrebbe scrivere, penso proprio che si faccia meglio.
Su Inter–Bologna ho già espresso il mio pensiero, che, come quasi mai accade, è un filo critico verso Thiago. Sintetizzando, il Bologna ha giocato da 5,5 per aver lasciato ai nerazzurri due spazi esiziali nell’occasione da gol, chiamando a difendere giocatori non adatti (prima Odgaard, incomprensibile l’averlo schierato da subito, poi Saelemakers, distratto e spaurito nel duello con il “culturista” Bisseck). Altrettanto incomprensibile non avere chiamato in campo proprio Calafiori, talora retrocesso nelle graduatorie interne da difensore, soprattutto per la sua attitudine alla percussione verticale, vedi Empoli, che tanto comodo avrebbe fatto contro la munitissima retroguardia milanese. Anche i migliori sbagliano, e Thiago Motta – il migliore, finora – ha avvantaggiato il compito di Simone Inzaghi, che già parte da una posizione di privilegio. Spesso si dice che le scelte del coach rossoblù esulino, in forza della sua “straninezza”, da ogni pronostico logico. In realtà un nucleo di titolari esiste, nonostante apparenze, e talora sostanze, che indicano – non è detto che sia un difetto, anzi – un occhio sempre attento a tutti. Sopra i 2000 minuti di impiego da tempo troviamo Skorupski, Posch, Beukema, Freuler, Ferguson, Zirkzee. Più sotto Calafiori, Kristiansen (il suo CT ha elogiato i progressi del ragazzo danese sotto le cure del nostro mister), Aebischer. I due esterni, per infortuni e scelte tecniche, sono molto più “ballerini”. Orso ha un notevole saldo gol/impiego effettivo. Saelemakers, Ndoye e Lucumi (in progresso in termini di utilizzo) con minutaggi di poco inferiori. Ma i minuti (circa) di Fabbian (5 reti!), Moro (redivivo) e Lykogiannis aprono altre prospettive, nelle quali hanno uno spazio anche Urbanski ed El Azzouzi. 16 giocatori, con Ravaglia, sempre sull’attenti, che diventano 18 con Odgaard e Castro. Agli occhi dei tifosi, spesso un gran casino. Agli occhi del club un bel modo di valorizzare tutti e creare le condizioni di future plusvalenze. E se Van Hooijdonk non è entrato, in questo valzer, è per oggettive e improponibili carenze in Serie A.
Guardando Juventus–Atalanta, e osservando con attenzione il gol “da calcetto” di Cambiaso, torna alla mente dei più attenti il certosino lavoro fatto la stagione scorsa sul terzino ex-genoano. Se adesso lui e Calafiori si litigano in azzurro, in prospettiva, il ruolo dell’esterno/interno/mediano, il timbro di Motta nella “creazione” di questa figura è evidente. Ho personalmente espresso gradimento su Alberto Gilardino (facciamo così, i miei due preferiti, in una sorta di derby da ex, sono lui e Marco Baroni) nel caso in cui proprio Motta non resti – per quanto io ritenga possibile, e logica, la permanenza in caso di Champions -. Non so dove, in caso, ci porterà Sartori, ma so che, per quanto bravo possa essere il direttore tecnico, un altro Motta non c’é. Ci sono tanti allenatori bravi in giro, certo, ma uno con le medesime caratteristiche a mezza via tra la genialità, la feroce applicazione durante la settimana, la valorizzazione di giocatori e uomini di staff proprio non esiste. E tutti quelli che, a mò di pappagallo, ripetono “Motta vada dove vuole, importante che resti Sartori”, dimenticano che chi sta alla scrivania non manda in campo i giocatori. Al massimo li sceglie (Sartori solitamente molto bene, non si discute), li mette lì nel vassoio degli antipasti e poi, se l’allenatore passa direttamente al secondo, la metà resta inesplorata. Ulivieri – doppia promozione consecutiva, mica pinzillacchere – ci mise quasi un girone a trovare un posto fisso a Baggio, non ad Aebischer (con tutto il rispetto). Erano stati scarsi Oriali e Gazzoni? Fate voi, avevano portato un Pallone d’Oro! Ma la gente tendenzialmente non ricorda nulla, è abbastanza noto.
Una cosa la possiamo sapere con certezza: se Motta saluterà e resterà ad allenare in Italia, proverà a portarsi Beukema, Freuler, Ferguson e Zirkzee. I suoi sempre presenti. Ammesso, e non concesso, che Juve o Milan cambino (al Napoli non credo, dovrebbe uscire De Laurentiis) e che abbiano un pacco di soldi. Se andrà all’estero, tipo Bayern, o PSG, allora lo scozzese e il mulatto potrebbero seguirlo, non credo gli altri due. Discorsi prematuri, fantasiosi e quasi onirici. Ma un punto fermo c’é stato: il memorabile e decisivo sfogo di Utrecht. In società hanno indiscutibilmente fatto progressi, ma chi scriveva o parlava di un budget sparagnino come spesso è successo non aveva bevuto del Tavernello, sennò al vino in bric sarebbe dedito anche il mister. Mi auguro che i pienoni di quest’anno abbiano definitivamente convinto tutti che il tempo delle mele va archiviato. Chiunque alleni (Pippo Inzaghi era scarso, ma la coppia di punte che esibiva era Santander–Falcinelli, In Serie A!).
Infine, il Monarone e il mood dei tifosi, che lui interpretava molto meglio di me. Cioè lui li ascoltava, io no, faccio spesso una gran fatica a sopportarli. Nei bar gli piaceva chiacchierare senza una fine, io alla prima cavolata che ascolto mi accendo: per questo ci integravamo, nessuno invadeva il campo dell’altro. Era un grande perché non ha mai imparato uno schema calcistico in vita sua (servissero !) e un apparente superficiale. Al calcio è approdato tardi perché prima ha imparato il “braccetto” della vita.. Vagli a dare torto. Una volta mi disse “ma Saputo, però, è meglio di Guaraldi !”, io lo guardai di sottecchi e lo mandai, sì, in quel posto. In fondo aveva ragione, certo. Però, Gianca, perdonami: che paragone è? Scommetto che ti avevano fermato in un bar e detto “dì ban a cal Bortolotti lè…” Oh, guarda che lassù, in teoria, gli avversari dovrebbero collaborare. Almeno speriamo!
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