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Buffon rivela: “Scommesse? Ecco perché l’ho fatto. Muntari? Non rinnego ciò che ho detto”

Gianluigi Buffon era fino a ieri l’ultimo calciatore ancora in attività degli eroi del Mondiale 2006, vinto in Germania. L’ex portiere si è ritirato dal calcio giocato a 44 anni e ora per lui inizia una nuova vita, magari sempre nel mondo del calcio. Poco tempo fa, l’ex numero 1 della Juventus rilasciò le seguenti parole a Repubblica sulla sua carriera calcistica e sui suoi errori di gioventù. Ve ne proponiamo un estratto: 

“I miei errori? Boia chi molla” e il numero 88 che evoca Hitler, il diploma di ragioniere comprato, le scommesse clandestine, il gol-non gol di Muntari in Milan-Juve, la frase infelice “meglio due feriti di un morto”? Ho fatto molti errori. Sono stato ignorante e l’ignoranza non è una giustificazione, ma bisognerebbe saper perdonare la gioventù. Ci sono dichiarazioni che non rinnego, quella sul gol di Muntari per esempio, peccherei di ipocrisia. Le scommesse… è capitato anche questo. Ma sono ben lontano da come sono stato descritto, non ho compagni segreti a bordo della mia nave. Il gioco ha sempre rappresentato e continuerà a rappresentare un piacere, un piacere e uno svago. Purtroppo in Italia non si vive con serenità questo tipo di attività e il concetto di gioco d’azzardo rimane tabù. Si preferisce l’associazione triangolare gioco-dipendenza-rovina. Per me è più dipendente chi spende solo mille euro ma regala alla dea bendata dieci o dodici ore al giorno del suo tempo piuttosto di uno come me che può rischiare di perdere centomila euro alla volta, ma dedica al gioco una sera ogni due mesi. Siamo un paese democraticamente giovane, ma bigotto e bacchettone con il vizio del luogo comune”.

DEPRESSIONE – “La depressione? Era la stagione 2003-2004. La Juventus era senza obiettivi. Mi sentivo solo come mai prima, non ero fidanzato, mi rinc****onivo davanti a Internet. Sono precipitato nel vuoto, non riuscivo a ghermirmi. Nel letto mi stringevo la testa alle ginocchia e piangevo. Non mi hanno salvato né il calcio né l’analista. Ho cominciato a leggere, a visitare mostre d’arte, a interessarmi a quanto accadeva nel mondo. Tre mesi dopo assaporavo i primi frutti di un mio personalissimo Rinascimento. Sa, a scuola ero bravo. Gli insegnanti mi hanno sempre riconosciuto una certa proprietà di linguaggio. Alla soglia dei trent’anni mi sono arrabbiato con me stesso e ho cominciato una ricerca di legittimazione culturale. Ogni giorno compro due quotidiani più la Gazzetta dello Sport durante i ritiri, ho letto molti libri sulla storia degli anni di piombo e sulle bande criminali italiane da Cavallero alla Magliana, i romanzi della Fallaci ma anche l’ultimo saggio di Tremonti, una biografia di Renzi e, lei mi prenderà per pazzo, un manuale di programmazione neurolinguistica”.

Francesco Rossi

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