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L’infortunio di Teodosic uno shock per tutto il campionato

Il fatto del giorno non è l'infortunio di Teodosic: non serve nessuna bandiera da tifosi, basta avere a cuore il basket per augurargli e augurarsi che non sia tanto grave quanto è sembrato vedendolo in diretta. Il fatto del giorno è quello che è capitato praticamente in diretta: un post velocissimo de La giornata tipo, col fermo immagine che si vede qui sopra, ha indirizzato le proteste della gente verso i marchi applicati sul campo.

Si gioca troppo

Ironia del destino, nel caso specifico il marchio è quello dello sponsor del campionato. Ma è un'ironia che diventa cinica ricordando che lo slogan di Unipol è: sempre un passo avanti. Torniamo ai marchi. Sono diventati anche la definizione dei canestri impossibili, le logo triple. La domanda non è se e quando li leveranno. La domanda è: perché sono stati messi ? Perché abbiamo pensato e pensiamo che un campo pieno di loghi, magliette straripanti di marchi, persino il tabellone pubblicitario montato dietro i canestri siano una buona comunicazione?Si intende: perché lo abbiamo pensato noi e lo hanno pensato chi ha preso posto in quelle posizioni. Si dice spesso, e lo si può dire a ragion veduta anche nel caso di Teodisic, che si gioca troppo. Appunto, il troppo stroppia: è una misura quantitativa, non qualitativa. Troppa comunicazione diventa confusione.

i valori del basket

Quando e perché abbiamo pensato che i valori e il valore del basket, ognuno ha un suo elenco, immagino e spero lungo, non fossero sufficienti per essere appetibili per i partner ? Quando abbiamo smesso di ragionare  collettivamente. Non dovrebbe essere sufficiente offrire a uno sponsor, per il campionato, il dialogo diretto con i tifosi di Virtus e Fortitudo, insieme, col beneficio di parlare contemporaneamente ai triestini e ai brindisini passando per tutte le altre città  ? Non ragionando sui famosi milioni di tifosi, in crescita, dell'indagine di Stage Up, ma pensando di dover dividere il prodotto per accontentare tutti abbiamo fatto un errore. Prima lo riconosciamo, meglio e'. Prima torniamo a ragionare sui valori del basket, e il primo ovviamente e'la qualità del gioco, in tutte le sue declinazioni, trovando un minimo comun denominatore, prima usciamo da questa emergenza perenne rappresentata una volta dalle squadre che saltano, una volta dal Covid, una volta, anche, dal silenzio dei giocatori su temi che li riguardano direttamente. Perché occuparsi del contenuto vuol dire avere coscienza del contenitore: il campo, la società intesa come club, la società intesa nel suo complesso.

Luca Corsolini

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