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Marotta al TG2: “Serve sostenibilità, gli stadi? La burocrazia…”

Da quando Giuseppe Marotta è diventato presidente dell’Inter, gli aspetti manageriali dei quali era solito occuparsi da amministratore delegato si sono espansi. Con questo nuovo ruolo a capo della società nerazzurra, il neo-presidente vuole dare un segnale significativo di futuribilità per il brand.

Ed è per questo motivo che, in occasione di uno speciale del TG2, Marotta ha avuto modo di esprimere alcune idee in merito a tematiche che risultano cruciali a suo dire per delineare il quadro del mancato benessere del calcio italiano.

Marotta Inter

Il calcio all’apice del consumismo

In un’epoca non più contraddistinta da industriali e altri esponenti di spicco della finanza che detengono maggior presa economica sul cacio, per Marotta è determinante il concetto di sostenibilità, che deve andare di pari passo con i successi conseguiti dentro e fuori dal campo:

Le società di calcio erano spesso nelle mani di industriali, mecenati, che garantivano la sopravvivenza degli sport quasi come debito sociale verso la collettività nella quale avevano avuto un grande successo. Oggi tutto questo non c’è più, per cui il modello è diventato un modello di business, e da questo punto di vista ci dobbiamo reggere solo seguendo quello che è il concetto della sostenibilità. Siamo davanti a un calcio molto consumistico, siamo davanti a figure nuove che sono procuratori, agenzie, che vogliono far sì che il loro assistito sia soprattutto un oggetto commerciale, di divulgazione della propria immagine, e spesso trascurano quella che è la missione principale, cioè essere il rappresentante di un sistema che aiuta ed educa i ragazzi, per diventare i calciatori e gli uomini del domani.

Zhang Marotta Zanetti

Il discorso dei diritti televisivi

Un altro aspetto di cruciale importanza è relativo alla valorizzazione dei diritti televisivi, che secondo Marotta non deve però passare in secondo piano rispetto al prodotto che può essere offerto da una piattaforma multimediale:

La valorizzazione dei diritti televisivi, che va però di pari passo con lo spettacolo che offriamo, e l’incremento degli introiti da matchday, dalle partite vere e proprie, cercando di ottimizzare la presenza di spettatori nello stadio. E qui si apre uno spiraglio negativo che è legato alle strutture italiane, che in Europa sono il fanalino di coda. Con uno stadio moderno e che garantisce ospitalità e sicurezza, anche gli introiti potrebbero aumentare.

Logo Sky

La necessità di rinnovamento degli impianti

Infine, un altro discorso determinante specialmente in ottica Euro 2032 riguarda gli stadi calcistici, che devono essere rinnovati a tutti i costi e, se necessario, anche abbattuti per fare spazio a novità che siano al passo con i tempi.

Il riferimento è indirettamente relativo anche a San Siro, per il quale vi sono stati sforzi straordinari da parte della dirigenza dell’Inter affinché ci potesse essere una nuova sede per un nuovo impianto, avanguardistico e allineato con le esigenze moderne. Dietro tutto ciò, però, c’è un muro di burocrazia che attanaglia le infrastrutture italiane. Uno scoglio che, secondo Marotta, deve essere infranto:

In Inghilterra sono arrivati ad abbattere un’icona come Wembley, in Italia si fa fatica ad abbattere qualsiasi tipo di strutture. Le difficoltà sono proprio legate alla burocrazia, che prevede tanti passaggi e tante autorizzazioni. Per questo, prima di arrivare a un’autorizzazione finale, c’è quasi uno scoramento da parte di potenziali investitori, perché il tempo sicuramente non gioca a favore. Qual è il rimedio? I grandi stadi sono di interesse nazionale, sono strutture che dovrebbero far capo al Ministero delle Infrastrutture, quindi eviterei i passaggi dal Comune, provincia, sovrintendenza e tutto questo iter burocratico. C’è troppa lentezza: ci vuole più immediatezza e meno burocrazia.

Stadio San Siro
Gabriele Gilli

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Gabriele Gilli

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