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Zangrillo: ” In Serie A si gioca troppo? Guardate la NBA”… Ma i dati lo smentiscono

Le parole di Zangrillo

Dopo l’assemblea della Lega Serie A il presidente rossoblù Alberto Zangrillo è stato intercettato dai microfoni di Tuttosport.

Dopo alcune domande in relazione alla prossima partita del Genoa, che affronterà a Marassi la Roma il 15 di questo mese, il patron rossoblù si è lasciato andare ad una dichiarazione a dir poco azzardata in risposta ad una domanda sul numero elevato di partite che le squadre professionistiche si trovano ad affrontare durante l’arco di tutto l’anno:

…ma sono professionisti, tutti molto ben pagati, e quindi io penso ad esempio al campionato professionistico di basket americano dove giocano ogni 2-3 giorni, quindi diciamo che mi preoccupo poco, sono persone sane, in forma, ben pagate e quindi è giusto che giochino

Alberto Zangrillo (ph. Image Sport)

 

Perché le parole di Zangrillo non sono propriamente esatte?

Paragonare la Serie A alla NBA sta diventando sempre più una moda, ma denota gran poca conoscenza del campionato americano di basket da parte di chi ne parla; Zangrillo non è stato il primo e non sarà l’ultimo.

Sembra quasi superfluo dirlo; ma il calcio ed il basket non saranno mai paragonabili. Questo perché in entrambi i modelli subentrano delle dinamiche che sono completamente estranee all’altro modello.

Ad esempio la NBA non si ferma mai per la sosta delle nazionali, considerando che le competizioni internazionali di basket si disputano durante l’estate e che vengono spesso snobbate dai giocatori NBA proprio per avere il tempo di recuperare prima della stagione successiva.

Oltre a questo risulta ancora più assurdo il paragone se si guarda ad un altro fattore che rende Basket e Calcio completamente diversi, ovvero i cambi.

Nel basket i cambi sono liberi ed illimitati, un giocatore può calcare il parquet da un minimo di pochi secondi fino ad un massimo di 30-35 minuti; è quasi impossibile trovare un giocatore che resti in campo per la durata di tutti e 48 i minuti.

Al contrario come ben sappiamo nel calcio una partita dura 90 minuti e i cambi possono essere solo 5, quindi più di metà della squadra titolare sarà certa di dover giocare tutti e 90 i minuti.

Altro aspetto da non tralasciare è la questione della gestione dei giocatori importanti, che deriva dal formato nel quale si disputa il campionato.

Il formato della Serie A prevede che tutte le partite, dalla 1 alla 38, siano fondamentali in quanto in ogni partita possono arrivare al massimo 3 punti che contribuiranno al punteggio finale, fondamentale per il piazzamento della squadra e nel caso per lo scudetto.

Nella NBA invece il formato è quello di campionato+playoff, quindi anche se una squadra arrivasse ottava nella stagione regolare avrebbe comunque la possibilità di vincere i playoff ed aggiudicarsi il titolo di campione Nba.

Il formato della NBA fa intendere una cosa ben precisa: i giocatori più forti vanno preservati dagli infortuni prima dei playoff.

Infatti è davvero impossibile vedere una stella NBA giocare tutte e 80 le partite della stagione regolare e al fine di preservare la spettacolarità di ogni singolo match la NBA ha inserito la regola del “Load management”, ovvero una regola atta a punire con una multa l’eccessivo riposo per tutta la partita di una delle stelle della squadra.

In più se si vanno a vedere le partite di un giocatore stabilmente in nazionale che con il suo club oltre al campionato gioca anche le coppe europee il numero di partite non si allontana molto dalle 80 della NBA.

Consideriamo un giocatore di una nazionale che mediamente gioca 10 partite l’anno, consideriamo che giochi oltre al campionato con la propria squadra anche una coppa europea (giocando almeno 8 partite stando ai nuovi formt) e 4 partite della coppa nazionale; 10+38+8(almeno)+4=60.

Considerando la differenza di minutaggio possiamo dire con assoluta certezza che gli sforzi richiesti ai calciatori sono decisamente maggiori di quelli richiesti nella NBA.

LeBron James
Tommaso Pretolani

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Tommaso Pretolani

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